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ANNO V – N.9 GENNAIO-GIUGNO 1994

LOISIR - AIATEL NOTIZIE

SEMESTRALE DI INFORMAZIONI E DISCUSSIONI SULL’ANIMAZIONE E IL TEMPO LIBERO

EDITORIALE

MILANO: autogol della Lega nel sociale?

Il fatto che i politici del vecchio regime siano stati spazzati via a Milano è già di per sé un motivo di grande gioia. Purtroppo sono rimasti al loro posto, come i topi nel formaggio tutti i dirigenti alti e medi del Comune, corresponsabili dello sfascio del settore sociale a Milano. A parte questo elemento, peraltro prevedibile, i primi mesi di Governo della Lega sono molto lontani dal mostrare quelle novità che erano state promesse. Il primo giudizio che possiamo dare sul “nuovo” a Milano nel settore sociale e culturale, che ci interessa come animatori, non è certo entusiasmante. Prendiamo come esempio gli Assessori alla Cultura, Daverio, e alla Assistenza, Giacomoni. Intanto il metodo di lavoro. entrambi hanno mantenuto il vecchio stile, un po’ carbonaro ed un po’ amicale, dei “banditi” Tognoli e Pillitteri: consultazioni ristrette coi vecchi centri di potere o coi nuovi amici personali, segretezza, riesumazione dei vecchi schemi. Poca trasparenza, nessuna partecipazione o consultazione allargata, nessun dibattito che non sia strettamente istituzionale. Poi i contenuti. L’Assessore alla Cultura, lontano dalla ricerca di effettive novità, ha rifatto il millesimo dibattito sulla Cultura a Milano (col “c” maiuscolo ovviamente!) riservato alle vecchie cariatidi; ha rifatto le stesse “carnevalate” del regime, dimenticando che sono i governi totalitari che organizzano il divertimento e la trasgressione dei cittadini; non ha neppure iniziato a lavorare sulla cultura (con la “c” minuscolo) delle favelas milanesi. Nel dibattito sul Leoncavallo, il Daverio si è ben guardato dal mettere sul tappeto una discussione seria su un eventuale Progetto Giovani. L’Assessore all’Assistenza sembra paralizzato dalla paura e intanto non trova di meglio che fare “gare” fasulle per appalti capestro e per attività dequalificate per i Centri Anziani. Unica azione visibile: l’avviato smantellamento dell’Assistenza Domiciliare Minori, unico servizio intelligente prodotto dalle “Giunte rosse”. La iniziativa di cacciare via dai CST le cooperative del vecchio regime è stata buona, sennonchè la soluzione adottata, basata sul precariato e le assunzioni clientelari, ha solo peggiorato le cose. Sulle attività del famigerato Centro Milanese per lo Sport e la Ricreazione, la Giunta non muove un dito; così come sui decrepiti Centri Giovanili; mentre la vecchia formazione professionale di impronta “sovietica” è rimasta inalterata. Speriamo che le cose cambino, perché per ora Milano sembra un vistoso autogol della Lega.

ANIMAZIONE & BELLEZZA

Musei, castelli, giardini e parchi: la nuova frontiera dell’animazione. Aosta, Brescia e Varese come sintomi

La fine del XX secolo vede la maturazione di enormi processi di cambiamento iniziati da oltre un secolo. Una società frantumata e corrosa dall’angoscia del pensiero debole, è alla disperata ricerca di nuovi valori forti su cui fondare il suo nuovo sviluppo nel Terzo Millennio. La questione centrale di questo passaggio sta nel declino del materialismo, dell’economicismo e dell’utilitarismo. Tutta la società moderna ed industriale si basava sul primato delle cose sulle persone, del denaro sulle idee e dell’utile sul bello: in sintesi, sul dominio dell’oggettivo sul soggettivo.

I motivi di questo orientamento della modernità sono diversi e molti autori hanno fatto ipotesi suggestive. Dal nostro punto di vista, di operatori dell’immateriale, una interpretazione del fenomeno può essere quella di “immaturità evolutiva”. La società moderna è stata costruita sul senso della penuria e quindi sull’urgenza dei bisogni primari e di sicurezza. Due secoli di sforzi dell’Occidente sono stati centrati sull’obiettivo della liberazione dai bisogni più primitivi come l’alimentazione, l’abilitazione, l’abbigliamento, gli accessori materiali e la sicurezza. La soddisfazione di questi obiettivi nella maggioranza della popolazione, accompagnata da un abbassamento delle soglie percepite di bisogno materiale, ha progressivamente aumentato il valore dei bisogni immateriali. Il declino della modernità inizia con la contestazione dell’industrialismo, come “cosificazione” della complessità umana, e continua con la emersione sempre più vistosa dei bisogni secondari o immateriali (socialità, autonomia e autorealizzazione). La post-modernità cresce, sia pure a segnali deboli, su un panorama di percezione dell’abbondanza che mette al centro i bisogni più maturi sulla scala evolutiva.

Uno dei segnali di questa trasformazione è il graduale riequilibrio fra i valori dell’utile e del bello. L’industrialesimo è stato segnato da una ossessiva concezione dell’utile inteso come economico e materiale. Utile era ciò che aveva minimi costi e massimi ricavi monetari, lasciando salva la mera funzione. Il taylorismo nelle organizzazioni ed i funzionamento in architettura sono state le epopee visibili di questa ideologia. L’estetica e l’etica, la natura e la persona erano considerati lussi decadenti, quando non superfluità barocche.

La psicoanalisi freudiana e la Scuola di Francoforte, e poi l’esistenzialismo ed il personalismo, il marxismo, la psicologia del lavoro, l’ambientalismo ed il pacifismo sono state correnti antagoniste della modernità che hanno cercato di rivedere il concetto di utile.

Questo concetto assume nel “pensiero critico” un significato umanistico ed olistico: è utile ciò che svolge una funzione ai minori costi e coi massimi ricavi, non solo economici, ma anche umani, immateriali, ambientali, planetari.

La bellezza, intesa come arte, espressività, ma anche natura e paesaggio, sta diventando sempre più un valore centrale della post-modernità. Un valore immateriale, simbolico, affettivo cioè soggettivo, che fa slittare i concetti di costo e di utile. Una bellezza che tuttavia che non è semplicemente da constatare, ma da cercare, costruire o difendere, valorizzare. Una bellezza che oggi si trova sepolta, repressa o rimossa, da strati d brutezza funzionalista, materialista ed utilitarista, sedimentati nel paesaggio come nella psicologia dei singoli. Ecco perché l’ANIMAZIONE ha titolo per associarsi alla BELLEZZA. Se l’animazione è una pratica sociale finalizzata alla scoperta del potenziale e delle risorse per esprimerlo, alle soglie del XXI secolo essa ha fra i suoi compiti quello di disoccultare il bisogno di bellezza e stimolare il potenziale, presente in tutti, di soddisfare questo bisogno. Uno dei sintomi, sia pure debole, di questa ipotesi di tendenza è offerto dalle scelte che nel 1994 hanno fatto gli studenti dei Corsi della Scuola Nazionale Animatori di Aosta, Brescia e Varese.

Il modello SNA prevede che gli allievi scelgano in autonomia una utenza ed un territorio per realizzare un intervento di animazione che è parte dell’iter formativo. Ebbene senza alcuna influenza o forzatura, e senza comunicare fra loro, gli allievi di Aosta hanno scelto un intervento di valorizzazione dei Castelli della Valle; gli allievi di Brescia hanno indirizzato il loro sforzo verso due Musei della città; gli allievi di Varese si sono invece impegnati nel parco-giardino degli Estensi.

Tre episodi marginali forse, ma testimoni di una tendenza inimmaginabile fino a tre anni or sono

GUIDO CONTESSA