ABBIAMO
ANCORA UN SOGNO?!
Un
sogno attraversava il mondo 40 anni fa; era quello che si
sarebbe potuto vivere meglio ed essere più felici costruendo
il Sociale. Da San Francisco a Parigi, la grande spinta al
cambiamento aveva come parole d'ordine "meno Padre, meno Stato",
"più Fratellanza, più Gruppo, più Collettivo". Il sogno era
quello di una "società senza padri", per crescere la propria
esistenza e progettare la convivenza sociale, mettendo al
centro il come piuttosto che il cosa. Interessava il modo
piuttosto che il contenuto, i corpi che si incontravano piuttosto
che la tecnica da usare per materializzare il sogno. Il Socius
piuttosto che la Techne.
L'Animazione
nasce 30 anni fa e con essa anche AIATEL. AIATEL nasce 30
anni fa e con essa l'Animazione. Due vite quasi indistinguibili.
L'Animazione
nasce come pratica che mette al cuore della propria ricerca
la partecipazione, il coinvolgimento, il progetto degli individui,
dei gruppi delle comunità. La sperimentazione, non come concetto
astratto ma come prassi di uomini e donne che non conoscono
la meta ma costruiscono cammin facendo il senso. L'Animazione
risponde ad un bisogno diffuso di senso dell'esistenza, di
consapevolezza di sé e del mondo, di progettazione di nuovi
modi di vivere il tempo libero, l'aggregazione, il divertimento.
Alla
fine dei '60, l'onda lunga della trasformazione modifica il
collettivo: nasce il sociale e con esso le pratiche che oggi
si usa definire Immateriali. Poi 10 anni di black-out: il
sogno si rattrappisce, prende forme di ribellione e di violenza,
la fraternità non trova sbocchi, la repressione restituisce
un'immagine di morte. L'Animazione si intorpidisce nel sogno
e si dissemina in mille rivoli: gli operatori sono isolati,
sperimentano negli ambiti più disparati.
Aiatel
tenta in quel decennio di tener viva la riflessione e tra
il '75 e l''80, organizza workshop, convegni, seminari a livello
nazionale e d europeo. E' in quei anni che Torino, Roma e
Verona, scelgono l'Animazione per la costruzione del Sociale
nei quartieri. Ma la pratica diventa nel suo complesso marginale,
a seconda degli interlocutori, definita come effimera consustanziale
al potere o fiancheggiatrice della violenza politica. Nasce
(è la metà degli anni '80) la prima scuola per Animatori Professionali;
la pratica va alla ricerca di organizzazione (si costituisce
la SIA - Società Italiana di Animazione) e riconoscimento.
Aiatel
propone una Legge Quadro, ipotizza un profilo professionale
e sperimenta in 10 città italiane (tra l''88 e il '98) altrettanti
percorsi di formazione per Animatori, è la Scuola Nazionale
Animatori. Vengono richiesti corsi per operatori che già lavorano
e vogliono imparare il mestiere. Nessuno dei quasi 150 nostri
allievi Animatori resta disoccupato, la richiesta di Animatori
cresce a dismisura.
A
partire dall'80, il Welfare ha preso piede, e l'Animazione
ne è protagonista e vittima allo stesso tempo. Nata come pratica
per il protagonismo dei cittadini, viene riassorbita come
pratica limitrofa e indistinguibile dall'Assistenza Sociale
e dall'Educazione. Gli animatori entrano nelle piante organiche
di USL, Enti locali, Case di Riposo; l'Animatore diventa uno
specialista, un tecnico, un burocrate del sociale. L'Animazione
perde di vista il senso di una professionalità a tutto tondo;
l'Animatore socioculturale si declina in Animatore di Settore
in relazione agli utenti (turismo, anziani, minori) e agli
ambiti (comunità, centri vacanza, case di riposo).
L'Animazione
perde di vista i gradi di libertà, autonomia, senso che stavano
alla sua origine.
Il
sogno si è rattrappito, istituzionalizzato, spesso collude
con le richieste di assistenza, controllo, contenimento, di
enti e organizzazioni. Anche se gli Animatori sono sempre
più e sempre maggiormente presenti in ogni dove. Alla fine
dei '90 la SNA chiude, senza riconoscimento né finanziamento;
la formazione degli Animatori sparisce o diventa un'articolazione
della figura Educatore.
La
fine del secolo sembra riconoscere il valore e l'utilità sociale
della professione. Gli animatori sono collocati, sistemati,
alle dipendenza di un Ente o di un'Associazione. La loro professionalità
si è ridefinita, nel fare burattini o spettacoli musicali,
per bambini nelle colonie e per anziani nelle case di riposo.
Nel
frattempo, la morte del Welfare da una parte e l'irruenza
del virtuale, dall'altra fanno venire alla mente le condizioni
che potrebbero favorire un nuovo sogno collettivo. Al capezzale
del vampirismo statuale che per decenni ha preso le sembianze
di Welfare, forse si riaccenderà la fiamma del protagonismo,
della partecipazione, della rinascita di una nuova "fraternità".
E Internet può rappresentare l'ambiente di scambio, apprendimento
cooperativo, costruzione di forme di convivenza sociale e
civile, che l'Occidente ha devastato con il furto del tempo
a disposizione dei cittadini in cambio del consenso ad uno
dei più terribili miti del moderno, la Democrazia.
E gli Animatori
mi auguro non stiano a guardare!
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