IV Conferenza Italiana dell’Animazione
STIMOLO 2 di Alberto RAVIOLA vedi anche 1
ABBIAMO ANCORA UN SOGNO?!

Un sogno attraversava il mondo 40 anni fa; era quello che si sarebbe potuto vivere meglio ed essere più felici costruendo il Sociale. Da San Francisco a Parigi, la grande spinta al cambiamento aveva come parole d'ordine "meno Padre, meno Stato", "più Fratellanza, più Gruppo, più Collettivo". Il sogno era quello di una "società senza padri", per crescere la propria esistenza e progettare la convivenza sociale, mettendo al centro il come piuttosto che il cosa. Interessava il modo piuttosto che il contenuto, i corpi che si incontravano piuttosto che la tecnica da usare per materializzare il sogno. Il Socius piuttosto che la Techne.

L'Animazione nasce 30 anni fa e con essa anche AIATEL. AIATEL nasce 30 anni fa e con essa l'Animazione. Due vite quasi indistinguibili.

L'Animazione nasce come pratica che mette al cuore della propria ricerca la partecipazione, il coinvolgimento, il progetto degli individui, dei gruppi delle comunità. La sperimentazione, non come concetto astratto ma come prassi di uomini e donne che non conoscono la meta ma costruiscono cammin facendo il senso. L'Animazione risponde ad un bisogno diffuso di senso dell'esistenza, di consapevolezza di sé e del mondo, di progettazione di nuovi modi di vivere il tempo libero, l'aggregazione, il divertimento.

Alla fine dei '60, l'onda lunga della trasformazione modifica il collettivo: nasce il sociale e con esso le pratiche che oggi si usa definire Immateriali. Poi 10 anni di black-out: il sogno si rattrappisce, prende forme di ribellione e di violenza, la fraternità non trova sbocchi, la repressione restituisce un'immagine di morte. L'Animazione si intorpidisce nel sogno e si dissemina in mille rivoli: gli operatori sono isolati, sperimentano negli ambiti più disparati.

Aiatel tenta in quel decennio di tener viva la riflessione e tra il '75 e l''80, organizza workshop, convegni, seminari a livello nazionale e d europeo. E' in quei anni che Torino, Roma e Verona, scelgono l'Animazione per la costruzione del Sociale nei quartieri. Ma la pratica diventa nel suo complesso marginale, a seconda degli interlocutori, definita come effimera consustanziale al potere o fiancheggiatrice della violenza politica. Nasce (è la metà degli anni '80) la prima scuola per Animatori Professionali; la pratica va alla ricerca di organizzazione (si costituisce la SIA - Società Italiana di Animazione) e riconoscimento.

Aiatel propone una Legge Quadro, ipotizza un profilo professionale e sperimenta in 10 città italiane (tra l''88 e il '98) altrettanti percorsi di formazione per Animatori, è la Scuola Nazionale Animatori. Vengono richiesti corsi per operatori che già lavorano e vogliono imparare il mestiere. Nessuno dei quasi 150 nostri allievi Animatori resta disoccupato, la richiesta di Animatori cresce a dismisura.

A partire dall'80, il Welfare ha preso piede, e l'Animazione ne è protagonista e vittima allo stesso tempo. Nata come pratica per il protagonismo dei cittadini, viene riassorbita come pratica limitrofa e indistinguibile dall'Assistenza Sociale e dall'Educazione. Gli animatori entrano nelle piante organiche di USL, Enti locali, Case di Riposo; l'Animatore diventa uno specialista, un tecnico, un burocrate del sociale. L'Animazione perde di vista il senso di una professionalità a tutto tondo; l'Animatore socioculturale si declina in Animatore di Settore in relazione agli utenti (turismo, anziani, minori) e agli ambiti (comunità, centri vacanza, case di riposo).

L'Animazione perde di vista i gradi di libertà, autonomia, senso che stavano alla sua origine.

Il sogno si è rattrappito, istituzionalizzato, spesso collude con le richieste di assistenza, controllo, contenimento, di enti e organizzazioni. Anche se gli Animatori sono sempre più e sempre maggiormente presenti in ogni dove. Alla fine dei '90 la SNA chiude, senza riconoscimento né finanziamento; la formazione degli Animatori sparisce o diventa un'articolazione della figura Educatore.

La fine del secolo sembra riconoscere il valore e l'utilità sociale della professione. Gli animatori sono collocati, sistemati, alle dipendenza di un Ente o di un'Associazione. La loro professionalità si è ridefinita, nel fare burattini o spettacoli musicali, per bambini nelle colonie e per anziani nelle case di riposo.

Nel frattempo, la morte del Welfare da una parte e l'irruenza del virtuale, dall'altra fanno venire alla mente le condizioni che potrebbero favorire un nuovo sogno collettivo. Al capezzale del vampirismo statuale che per decenni ha preso le sembianze di Welfare, forse si riaccenderà la fiamma del protagonismo, della partecipazione, della rinascita di una nuova "fraternità". E Internet può rappresentare l'ambiente di scambio, apprendimento cooperativo, costruzione di forme di convivenza sociale e civile, che l'Occidente ha devastato con il furto del tempo a disposizione dei cittadini in cambio del consenso ad uno dei più terribili miti del moderno, la Democrazia.

E gli Animatori mi auguro non stiano a guardare!