MODELLO PSICOSOCIALE. L’ANIMAZIONE ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO (*)

Guido Contessa - Associazione Italiana Animatori per il Tempo Libero

Prima di iniziare la mia relazione effettiva, vorrei porre alcune brevi domande ed occasioni di dibattito.

Primo: l’animazione, o meglio i Centri per il Tempo Libero, debbono fornire servizi e prodotti mettendosi in competizione con le discoteche o coi centri privati, o devono servire progetti collettivi che servano a mutare il tessuto comunitario? Io sono sicuramente ammirato del fatto che ogni anno ci sono 80.000 persone alla Pecetta. Ma mi domando se sia compito del Comune, se sia nei compiti dei Centri per il Tempo Libero mettere in piedi tante Disneyland decentrate. O se non sia giusto chiedersi quali sono i risultati, e se le 80.000 persone che vanno alla Pecetta producono un reale cambiamento delle condizioni di vita del quartiere.

Secondo, a livello dell’Amministrazione Comunale, l’interesse sembra centrarsi sugli anziani. E mi domando chi, a Milano, fa prevenzione per esempio nei confronti dei problemi della droga o della violenza giovanile. Ci sono gravi responsabilità politiche di fronte al fatto che si affrontano temi come la prevenzione della droga e della violenza con scarsità di mezzi e di personale professionalizzato.

In realtà la mia relazione vorrebbe essere un tentativo, di riprendere il dibattito, sulla funzione dell’animazione e sui significati dell’animazione.

A me di questo convegno è piaciuto soprattutto il titolo, lì dove finalmente non si parla semplicemente di Centri per il Tempo Libero ma si parla di animazione in maniera coraggiosa. Animazione deve essere qualcosa di diverso, di più che organizzare un cineforum, deve essere qualcosa di più e di diverso che organizzare un incontro di calcio.

D’altro canto, bisogna domandarsi a cosa serve l’animazione alle soglie del XXI secolo. Io credo che siamo in una situazione in cui stanno avvenendo grandi mutamenti. Mi piace chiamare l’età che stiamo lasciando: "Età di Vulcano". Perché Vulcano era la fucina, la fabbrica della produzione. E mi piace chiamare l’età verso cui stiamo andando come "Età della Luce". Non perché sia particolarmente bella, ma perché si fonda sull’energia, sui cambiamenti veloci di luogo e di spazio. Fuor di metafora, è al crepuscolo il mondo dell’impresa industriale, con i suoi corollari di cultura del lavoro, ideologia dello Stato, rigida separazione fra feriale e festivo (quello preponderante su questo), di equivalenza fra produzione e struttura (ed il restante assegnato a sovrastruttura).

L’animazione è nata "fuori e contro" la cultura dell’impresa e della separazione fra feriale e festivo. Essa si è sviluppata sull’ipotesi di usare il festivo (la creatività, il gioco, il gratuito, il teatro) per cambiare la vita e quindi lo spazio feriale.

Ora lo scenario è radicalmente mutato. La rivoluzione meccatronica e l’Evo post-industriale impongono di riformulare la questione.

L’animazione sembra destinata a non avere più un sistema dal quale estraniarsi o al quale opporsi, bensì ad operare entro la costellazione della post-modernità. Siamo nella situazione in cui si profila l’Età della Luce. Un periodo, uno spazio, un arco di tempo in cui la logica della separazione viene sostituita dalla logica delle connessioni.

Ci sono segni sempre più evidenti che la separazione netta tra tempo del lavoro e tempo libero, fra le discipline scientifiche, fra i mestieri tradizionali, sta saltando. Il terzo millennio sembra essere avviato a fondarsi sull’energia, sulla elettricità, sulla fusione e diffusione, sulla trasformazione e distribuzione di beni "immateriali". Su una circolarità ed equivalenza tra hardware e software. Oggi un micro chip dell’ultima generazione contiene porzioni rilevanti di materialità, ma contiene anche porzioni elevatissime di immaterialità.

Questo implica che il sistema post-industriale sta attuando trasformazioni enormi nella direzione auspicata da oltre due secoli da milioni di uomini:

la progressiva diminuzione dei lavori che richiedono una forza fisica, dei lavori ripetitivi o pericolosi, dei lavori privi di contenuti intellettuali; e la sensibile contrazione del tempo del lavoro nell’arco della giornata, della settimana, dell’anno, della vita. Questa voltura dalla produzione industriale alla produzione della luce, dalla produzione materiale a quella immateriale, colloca l’animazione, e tutta la strategia del tempo libero, in una nuova dimensione.

Una cosa sembra certa: la vecchia divisione dell’Evo industriale - élite contro massa - sembra destinata a mutare in una nuova divisione - maggioranza integrata al sistema e minoranza sottomessa. Le teorie degli ultimi politologi tedeschi indicano come la logica del post-moderno sia quella del governo del 70%.

Abbiamo il 70% di popolazione integrata che gestisce la maggioranza e un 30% di popolazione in minoranza, emarginata, sottomessa e deprivata. L'animazione avrà quindi una scelta da compiere nei prossimi anni: se collocarsi al servizio del 70% di maggioranza, che peraltro richiederà cose legate alle finalità dell’animazione, o se collocarsi al servizio del 30%, cioè della minoranza emarginata e sfruttata che, in qualche misura, richiederà le stesse cose.

L’epoca di Vulcano imponeva il baratto fra tempo del lavoro e tempo libero. In sostanza si diceva: più benessere , in cambio di minor libertà di pensare e, in ultima analisi, minor potere. Corollario di questa proposizione di fondo era: il consumo di forza -lavoro, prodotto durante la prestazione, deve essere reintegrato nel tempo libero. In cambio di questa promessa di ricostituzione della forza-lavoro nel tempo libero, più libertà di pensare e dunque più potere nella sfera extra-lavoro.

L’Età della Luce non potrà reggersi su concetti binari quali: lavoro-tempo libero, vertice-base, lavoro manuale-lavoro intellettuale, ma dovrà ripensare ai suoi sistemi in termini di complessità, circolarità, pluralità.

Se il modello del sistema industriale era quello della piramide, il modello del sistema post-industriale sarà quello dell’arcipelago, della costellazione, oppure della spugna.

Dunque, animazione per gli uomini di Vulcano o per quelli della Luce? Fino agli inizi degli Anni Ottanta l’animazione poteva suscitare l’impressione di essere anti-istituzionale e controculturale, in quanto si poneva a favore dell’aumento della libertà e del potere dei soggetti e contro le élite di controllo.

In questo scorcio di secolo la situazione è mutata in modo impressionante. Sono le élite di controllo, nelle organizzazioni produttive e sociali, a chiedere un salto in avanti del sistema e dunque un incremento della libertà e del potere dei soggetti. Creatività, socialità, espressività, autonomia, con-decisione, cambiamento si sono trasformati da termini allarmanti e vagamente eversivi, a parole d’ordine dei gestori del sistema socio-economico occidentale.

Non va tuttavia dimenticato che l’Età della Luce porterà con sè sempre maggiori contraddizioni. In particolare, una lunga epoca di transizione vedrà vaste minoranze deboli (immigrati, giovani, anziani, handicappati, emarginati) poste in condizioni peggiori delle attuali. Questi "uomini di Vulcano" tenuti fuori dai processi produttivi avanzati, relegati nel precariato, nelle zone di lavoro sporco e pericoloso, dequalificato e sfruttato, troveranno un aiuto nell’animazione? In linea teorica possiamo dire di sì, perché anche costoro possono beneficiare di pratiche di sviluppo del potenziale. Nelle fasi iniziali della transizione, addirittura, l’animazione potrà fungere da ponte per il passaggio dalla cultura industriale a quella post-industriale. L’animazione potrà promuovere lo sviluppo del potenziale, e dunque del potere, per individui che, grazie a ciò, entreranno nell’Evo della Luce.

Tuttavia ritengo che più avanza l’Evo della Luce, più vistose e laceranti saranno le contraddizioni fra maggioranza integrata ed una minoranza (i Ciclopi di Vulcano) emarginata. In queste contraddizioni l’animazione avrà scarso spazio perché la scena sarà dominata dalla lotta politica.

Lasciando però questa ipotesi futuribile, credo che a cavallo del Terzo Millennio l’animazione sarà uno strumento utile di transizione per l’Età della Luce, gradita ai gestori del sistema e funzionale alle istanze di crescita di grandi porzioni di umanità. Fino ad oggi l’animazione si è occupata di creatività, socialità, gioco, autonomia, espressività, con-decisione, perché queste dimensioni erano le più negate e represse dalla Cultura di Vulcano. L’Età della Luce ha bisogno di queste dimensioni, cioè ha bisogno di uomini più liberi e con maggiore potenzialità/potere. Quali dimensioni saranno represse nell’Evo post-industriale? Forse la sicurezza, messa in crisi da processi di accelerazione del cambiamento. Oppure la privatezza, soggiogata dai sistemi di cablatura planetaria. Oppure ancora il senso della totalità ed unità, minacciato dalla frastagliata lacunarità e dalla propensione frattale del modello a "spugna". Ma per ora, al di fuori della libertà e del potere, e dunque delle dimensioni negate e represse, l’animazione non ha alcun senso. Altre finalità sono assi meglio perseguibili con pratiche diverse come l’Assistenza, lo Spettacolo, la Didattica. Semmai possiamo dire che l’animazione, avendo chiari i propri fini, può usare svariatissimi mezzi. Allora il gioco, il teatro, il divertimento o la musica, lo spettacolo o lo sport, il naturismo e l’arte sono strumenti, in quanto tali utilissimi; ma solo mezzi, strade per arrivare al fine. Una animazione che scambia il fine con il mezzo, non è altro che superfluità barocca, consolazione o evasione. Può darsi che l’uomo abbia bisogno di queste cose, ma allora non è necessario chiamare in causa l’animazione. Essa ha ragione di essere solo in quanto efficace strumento di libertà e potere, altrimenti è vuota. Il suo compito è quello di aiutare gli individui, i gruppi e le comunità a prendere coscienza dei loro problemi e delle loro esigenze reali, a pensare criticamente a se stessi ed al mondo, a realizzare le proprie potenzialità esprimendo le proprie risorse, per una realizzazione piena, autonoma, da protagonisti della propria storia e della grande Storia.

Gli animatori sono dunque operatori sociali potenzialmente utili a milioni di persone, desiderosi di essere aiutati a passare dall’Età di Vulcano a quella della Luce, senza incorrere in nuove negazioni e repressioni. Fare questo non sarà un problema di strumenti, non sarà solo un problema di modi, di spazi, di contratti che pure sono importanti e non vanno sottovalutati, ma sarà un problema di modalità di porsi, un problema di riflessività, perché l’animazione sia continuamente specchio a se stessa, continuamente specchio del quartiere e della città in cui opera.

(*) ANIMAZIONE IN CITTÀ a cura dell’Assessorato al Decentramento del Comune di Milano - Modelli di intervento sul tempo libero in aree urbane Esperienze a confronto e prospettive progettuali - clup - milano 1989