Spunti per l'animazione di domani (di Rita Ansaldi)

L'animazione in casa di riposo rappresenta una di quelle professioni in ricerca di definizione, e in quanto tale vive la precarietà data dal possedere una storia relativamente recente.

Non mi dilungherò in questo articolo sulle diverse argomentazioni discusse nelle recenti giornate studio tenute a Pavia e Brescia sull'animazione in RSA, dove si è parlato di un'animazione inserita in un progetto globale dell'istituto, di una cartella unica e di valutazione multidimensionale dell'anziano. Tutto questo infatti mi è sembrato importante ma ancora troppo sanitarizzato e solo un punto di partenza per l'animazione in RSA.

Negli Stati Uniti già 40 anni si presentava il problema dell'invecchiamento della popolazione, molto sentito da noi oggi. Seguendo la teoria dello sviluppo all'ultimo segmento di vita, si fondarono i primi centri di ricerca sulla condizione anziana. Secondo questa teoria i tratti dominanti dell'età erano nel decadimento funzionale e nella crisi psicosociologica dovuta alla perdita di ruolo. Gli studi, che cercavano una soluzione a questo problema, condussero a tre possibili ipotesi:

- Teoria del disimpegno: impegnare l'anziano il meno possibile, dato che le sue energie sono in diminuzione, non rendendolo così di intralcio per il funzionamento della società.

- Teoria dell'attività: proporre forme di impegno costante per aiutare gli anziani a non percepire senso di inutilità.

- Teoria della continuità: mantenere il più possibile le abitudini di tutta la vita, sia a livello di lavoro, uso del tempo, consumi, ecc. che a livello affettivo, per preservare una condizione di benessere.

Nato da queste ipotesi, ed oggi molto importante, è il filone delle analisi longitudinali e dei corsi di vita, che armonizza il vissuto a livello di esperienze personali con l'impatto generazionale del contesto storico-sociale. Analizzare il problema secondo questo punto di vista mette in rilevanza effetti legati alla social policy. Per esempio, l'offerta di servizi di animazione e formazione per le prossime generazioni di anziani dovrà tenere conto del beneficio da loro avuto in gioventù di una maggior scolarizzazione.

Ed è quest'ultimo punto ci indica la strada per l'animazione di domani.

L'anziano che risiederà in RSA fra 10-20 anni sarà nato intorno agli anni '40, si ricorderà poco il tragico periodo della II Guerra Mondiale, avrà sofferto meno concretamente la necessità di soddisfare i bisogni primari ed avrà raggiunto la realizzazione di sé attraverso un lavoro di responsabilità, una maggiore scolarizzazione e partecipazione attiva alla vita pubblica. È chiaro che quest'anziano avrà bisogno di un'assistenza che si occupi di soddisfare oltre ai bisogni primari il bisogno di appartenenza, il bisogno di stima ed affetto, il bisogno di informazione, il bisogno di conoscere, il bisogno di sviluppare la propria dimensione spirituale come un qualsiasi altro individuo adulto. Questi anziani avranno col gioco e col divertimento un rapporto diverso rispetto all'anziano di oggi: avranno avuto maggiori occasioni di coltivare hobbies ed interessi vari, quindi saranno più predisposti alle attività di animazione, ma anche più esigenti (non potremo ad esempio dare per scontato che a tutti piaccia il ballo liscio).

Oltre a questi, cominceranno ad esserci anziani provenienti da altre nazioni, e pertanto con costumi ed usanze notevolmente diversi.

Ne consegue che l'animatore dovrà avere una formazione di base molto ampia, la capacità di interagire con culture differenti e di affrontare problemi di convivenza e di dinamiche di gruppo con gli ospiti delle RSA. Non potrà pertanto avere una preparazione solo in questo settore, e dovrà tenere conto sì del contesto sanitario, ma dovrà andare oltre.

Questa a mio parere è la strada che dobbiamo percorrere nell'animazione per anziani, che, come quella rivolta ai giovani, deve richiedere un forte aggiornamento in modo da andare incontro alle esigenze dell'utente.

"Per far nascere e vitalizzare questi progetti per anziani, l'animazione può impegnare competenze teorico-metodologiche già collaudate nei progetti per i giovani." (G. Contessa, 1993).

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