Dal Diario di un Formatore
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"Non mi resta che piangere........… "
ANTEFATTO

All'inizio di questa estate vengo contattato, in qualità di presidente di un'associazione che svolge attività formativa in ambito sociale, da un Ente di rilevanza nazionale. La richiesta è quella di programmare un modulo (ciclo di incontri)  specializzante, all'interno di un corso di aggiornamento/riqualificazione, finanziato dalla UE, già in corso di svolgimento, per dipendenti di una cooperativa sociale del Centro Italia. Il corso (che si avvia in  giugno, con appuntamenti quindicinali) è strutturato, per i contenuti cosiddetti "di base"  in maniera "classica": lezioni riguardanti la legislazione, la psicologia / pedagogia / sociologia dell'utente, la medicina, la psichiatria. Non sono particolarmente entusiasta. La cosa mi "puzza" di triplo sub appalto, ma dopo una telefonata dalla responsabile della cooperativa sociale da me conosciuta in precedenza in un convegno, che insiste e mi garantisce l'importanza del corso per i suoi dipendenti, accetto la richiesta.

In tempo reale invio una proposta che viene apprezzata e approvata dall'ente responsabile dell'attività. A quel punto concordo un calendario, indico i docenti che saranno impegnati (tutti appartenenti all'associazione di cui sono presidente), negozio i compensi.

SCENA PRIMA

Alle due mezze giornate (pomeriggio e mattina successiva) di apertura del modulo decido di andare personalmente; in quanto responsabile della programmazione complessiva e perché la responsabile della cooperativa ha caldeggiato insistentemente la mia presenza.

Il viaggio, lungo e faticoso, mi crea qualche ansia anche in relazione al dovere di giungere alla sede del corso in orario. Per fortuna va tutto per il verso giusto e arrivo in discreto anticipo. Dopo un pranzo frugale, mi presento in orario nel luogo prestabilito. La sede è chiusa. Finalmente arriva la responsabile della cooperativa che si scusa e mi dice che di solito il pomeriggio si apre con qualche minuto (era già più di mezzora!) di ritardo. Tralascio la consueta pantomima che farei in questi casi, sull'importanza del tempo nella formazione… e accetto un caffè riparatore.

Entriamo nella sede della cooperativa, dove si svolge il corso. L'aula è ben arredata, calda e confortevole. Le sedie, il tavolo, i bagni, sono secondo le norme definite dalla famigerata 626. Peccato che l'illuminazione (anch'essa a norma) è assolutamente insufficiente e costringe a sforzi oculari per vedere i visi e le gesta dei partecipanti. Inoltre l'aula è in una sede "open space" dove ben due segretarie lavorano ascoltando qualsiasi avvenimento accada durante le attività formative.

SCENA SECONDA

Alla spicciolata arrivano i 10 partecipanti e mi appresto ad avviare il pomeriggio. Noto che la responsabile non fa cenno di andarsene; temporeggio ancora un paio di minuti e poi rompo gli indugi e le chiedo perché non se ne va. La riposta è che lei è la tutor del corso e intende rimanere per ascoltare la mia lezione. Che fare? Invitarla più o meno cortesemente ad andarsene oppure accettare la sua presenza in aula? Consapevole che la seconda che ho detto è in contraddizione con il principio della "presenza di gerarchie di operatori appartenenti alla medesima organizzazione" in attività di formazione, accetto che rimanga. Anche in relazione al fatto che mi mostra un decalogo (consegnatole dal Dirigente Regionale delegato ai Corsi della  UE in persona!) del tutor, in cui è le fatto obbligo a partecipare almeno ad una % di attività del corso. A quel punto "abbocco" e penso che sia accettabile, seppur straordinario, il fatto che lei rimanga: d'altronde è la presidente della cooperativa che ci ha segnalato all'Ente organizzatore e ha anche un ruolo definito all'interno del corso di formazione.

SCENA TERZA

Dopo circa due ore suona il campanello. La responsabile della cooperativa, scusandosi, mi dice che probabilmente è la presidente della cooperativa più grande della regione, alla quale ha accordato il permesso di partecipare (come "ospite silente") alle mie lezioni, poiché ne ha fatto esplicita richiesta, dopo aver sentito che la nostra associazione sarebbe stata responsabile di una parte del corso. "Perché non me l'ha detto prima?" Risposta: "Me ne sono dimenticata! Comunque starà zitta zitta, buona buona".

Che fare? Cacciare l'ospite o farla accomodare? Aprire un dibattito con la responsabile o far finta di nulla? Fare il perfezionista, in una situazione così malmessa, oppure accettare l'imperfezione che sta nell'umana genia?  Scelgo per la seconda.

La signora entra, non saluta, mi dà la mano, si siede, inizia a presentarsi, ignorando assolutamente ciò che si stava facendo. Dopo un minuto di sproloquio, capisco che non starà "zitta e buona", ma che anzi se continua così rovinerà il poco di buono che io e i partecipanti eravamo riusciti a realizzare (nonostante tutto) nelle prime due ore di lavoro. Impongo la pausa ed esco.

SCENA QUARTA

Alla ripresa l'ospite sembra rientrata nei suoi panni: mi scruta con occhi languidi e interrogativi, ma per fortuna se ne sta zitta. Nonostante sia in programma la conclusione di una attività iniziata precedentemente, con una performance dei partecipanti, noto comportamenti che lasciano intendere il desiderio di andar via. Verbalizzo questa impressione e ne chiedo ragione.

Le risposte sono corali ed univoche. E' la prima volta che in questo corso si fa lezione. Nonostante che il pomeriggio preveda 5 ore di attività, gli altri docenti, dopo al massimo 2 ore, salutano e se vanno! Ad esempio la scorsa settimana un luminare locale della scienza medica ci ha fatto vedere un video e dopo un'ora se n'è andato! E poi noi (dichiarano i partecipanti) abbiamo lavorato tutta la mattina e siamo stanchi… quindi per favore chiuda almeno qualche minuto prima…….

Guardo l'orologio: sono le 18 e manca ancora un'ora alla fine programmata del pomeriggio. Dichiaro che posso finire 1/4 d'ora prima. A quel punto la responsabile interviene dicendo che mezzora può andar bene. Sono sfinito: faccio un braccio di ferro con tutti i presenti oppure faccio, ancora una volta, finta di nulla? Scelgo la seconda, ma pongo la questione dell'orario del giorno dopo. Alle 18.40, dopo mezzora di contrattazione, l'accordo è il seguente: inizio alle 9.00 (anziché alle 8.30) e chiusura alle 12.55 (anziché alle 14.00). Esco soddisfatto: farò almeno 4 ore di attività …… quattro volte tanto il luminare locale!

SCENA QUINTA

L'albergo in cui vengo ospitato è il migliore della città. In un "localino" chic, tipico della regione in cui si trova la città, la cena che mi viene offerta è squisita. Me ne vado a letto pensando che, in fondo, la giornata non è stata male e che anche questi "benefit" materiali rallegrano l'animo. Al risveglio il clima è freddo e la città immersa in una fitta nebbia; ho un vago sentore che mi aspettano altre sorprese.

Alle 9.00 puntuali (tutto è relativo!) si inizia. Tutte presenti, responsabile/tutor compresa. Manca l'ospite.

Alle 10.45 suona il campanello: stamani la signora (ospite) è accompagnata da un bel giovine che entrando dichiara di essere un operatore professionale, collega dei partecipanti. Lo sguardo della responsabile della cooperativa esprime incredulità. Nella pausa, che sulla scorta dell'esperienza del giorno precedente, "chiamo" immediatamente, lei stessa mi dice che non si aspettava l'ospite n.2. A quel punto mancano due ore alla fine della mattinata, decido di non porre il problema del secondo ospite (intruso?).

L'attività procede bene; il gruppo è interessato, interviene in maniera pertinente, ho l'impressione che sia in ascolto, rifletta sull'esperienza fatta il giorno precedente e su quella professionale sul campo, disponibile all'apprendimento. Il bel giovine infila tre interventi che intendono smentire gli interventi delle partecipanti. La sua amica gli fa notare che sono appena arrivati, dunque è meglio ascoltare un po', stare a vedere.

I partecipanti e pure io ce ne stiamo zitti. Lui "spegne" la sua foga narcisistica, di fronte al disinteresse e agli sguardi poco benevolenti di tutti. Penso a Kurt Lewin e alle sue "trovate" sul gruppo: il miracolo si è avverato anche stavolta! Sono le 12.30 e chiedo ai partecipanti di fare una valutazione (dare un voto tra 1 e 10) ai  due incontri, rispetto tre variabili: impegno personale, clima, apprendimento. La media per ciascuna voce è oltre l'8. Manca qualche minuto alle 13.00, saluto e me ne torno a casa.

EPILOGO

Il viaggio di ritorno, lungo e solitario, è ideale per ripensare ai due giorni passati in una ridente cittadina del centro Italia. Due pensieri mi vengono ripetutamente alla mente.

La formazione è morta; al suo posto inganno o illusione. Il mestiere del formatore è obsoleto: impotente, inutile, o peggio, impostore.

Alla collega che andrà la prossima settimana, dirò di prepararsi a due giorni di vacanza, fuori e dentro l'aula.

(di "Arlecchino, servitore di due padroni", 25 novembre 2003)

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